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    Martedì, 04 Ottobre 2011 00:00

    Programma per il sessennio 2012-2017

    Carissime sorelle,
    ancora immerse nell’esperienza gioiosa delGiubileo di fondazione della nostra Congregazione e grate allo Spirito per la sua presenza nel XIX Capitolo Generale, iniziamo
    insieme, con rinnovato entusiasmo, il nuovo sessennio.

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    Martedì, 01 Novembre 2011 00:00

    Lectio Divina 2011-2012

    Carissime sorelle,

    da molti anni la Lectio divina, antica pratica religiosa nella Chiesa, illumina e sostiene il nostro cammino spirituale sia personale che comunitario. Le sorelle capitolari, portavoci dell’espressione di tante sorelle missionarie nel mondo, hanno riconosciuto la preziosità di un sussidio unico nella Congregazione e hanno auspicato la continuità di tale metodo per una formazione unitaria, che ci vede orientate insieme a raggiungere un’autentica conformazione a Cristo Crocifisso.

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    Giovedì, 11 Ottobre 2012 00:00

    Lectio Divina 2012-2013

    Sorelle carissime, 
    gli eventi ecclesiali di cui siamo testimoni in questo tempo: il XIII Sinodo dei Vescovi sull’Evangelizzazione e l’anno della Fede, infondono una nuova speranza e rafforzano la certezza che il Signore, anche attraverso questi eventi, si fa per noi tutti presenza, sostegno provvidente e ci sfidaa continuare l’itinerario di crescita nella fedeltà, nella santità, nella testimonianza.
    Il tempo di grazia che ci viene offerto vuole - come ci dice il nostro Papa Benedetto XVI - aiutarci “a riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel comunicare la fede” (Porta Fidei 7).

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    Domenica, 21 Aprile 2013 00:00

    Preghiera per le Vocazioni 2013

    O Gesù, divino Pastore,
    che hai chiamato gli Apostoli per farne pescatori di uomini,
    attrai a te cuori ardenti e generosi di giovani,
    per renderli tuoi discepoli e tuoi ministri.
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    Tema: Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede  

    Cari fratelli e sorelle! Nella 50ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che si celebrerà il 21 aprile 2013, quarta domenica di Pasqua, vorrei invitarvi a riflettere sul tema: «Le vocazioni segno della speranza fondata sulla fede», che ben si inscrive nel contesto dell’Anno della fede e nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Il Servo di Dio Paolo VI, durante l’Assise conciliare, istituì questa Giornata di invocazione corale a Dio Padre affinché continui a mandare operai per la sua Chiesa (cfr Mt 9,38).

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    Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9)

    Cari fratelli e sorelle,
    in occasione della Quaresima, vi offro alcune riflessioni, perché possano servire al cammino personale e comunitario di conversione.
    Prendo lo spunto dall’espressione di san Paolo: «Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà» (2 Cor 8,9). L’Apostolo si rivolge ai cristiani di Corinto per incoraggiarli ad essere generosi nell’aiutare i fedeli di Gerusalemme che si trovano nel bisogno. Che cosa dicono a noi, cristiani di oggi, queste parole di san Paolo? Che cosa dice oggi a noi l’invito alla povertà, a una vita povera in senso evangelico?

    La grazia di Cristo
    Anzitutto ci dicono qual è lo stile di Dio. Dio non si rivela con i mezzi della potenza e della ricchezza del mondo, ma con quelli della debolezza e della povertà: «Da ricco che era, si è fatto povero per voi…».
    Cristo, il Figlio eterno di Dio, uguale in potenza e gloria con il Padre, si è fatto povero; è sceso in mezzo a noi, si è fatto vicino ad ognuno di noi; si è spogliato, “svuotato”, per rendersi in tutto simile a noi (cfr Fil 2,7; Eb 4,15). È un grande mistero l’incarnazione di Dio! Ma la ragione di tutto questo è l’amore divino, un amore che è grazia, generosità, desiderio di prossimità, e non esita a donarsi e sacrificarsi per le creature amate. La carità, l’amore è condividere in tutto la sorte dell’amato. L’amore rende simili, crea uguaglianza, abbatte i muri e le distanze. E Dio ha fatto questo con noi. Gesù, infatti, «ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con intelligenza d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Nascendo da Maria Vergine, egli si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel
    peccato» (CONC. ECUM. VAT. II, Cost. past. Gaudium et spes, 22). Lo scopo del farsi povero di Gesù non è la povertà in se stessa, ma – dice san Paolo – «...perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». Non si tratta di un gioco di parole, di un’espressione ad effetto! E’ invece una sintesi della logica di Dio, la logica dell’amore, la logica dell’Incarnazione e della Croce. Dio non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come l’elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico. Non è questo l’amore di Cristo!
    Quando Gesù scende nelle acque del Giordano e si fa battezzare da Giovanni il Battista, non lo fa perché ha bisogno di penitenza, di conversione; lo fa per mettersi in mezzo alla gente, bisognosa di perdono, in mezzo a noi peccatori, e caricarsi del peso dei nostri peccati. E’ questa la via che ha scelto per consolarci, salvarci, liberarci dalla nostra miseria. Ci colpisce che l’Apostolo dica che siamo stati liberati non per mezzo della ricchezza di Cristo, ma per mezzo della sua povertà. Eppure san Paolo conosce bene le «impenetrabili ricchezze di Cristo» (Ef 3,8), «erede di tutte le cose» (Eb 1,2).
    Che cos’è allora questa povertà con cui Gesù ci libera e ci rende ricchi? È proprio il suo modo di amarci, il suo farsi prossimo a noi come il Buon Samaritano che si avvicina a quell’uomo lasciato mezzo morto sul ciglio della strada (cfr Lc 10,25ss). Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria. È ricco come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi genitori e non dubita un istante del loro amore e della loro tenerezza. La ricchezza di Gesù è il suo essere il Figlio, la sua relazione unica con il Padre è la prerogativa sovrana di questo Messia povero. Quando Gesù ci invita a prendere su di noi il suo “giogo soave”, ci invita ad arricchirci di questa sua “ricca povertà” e “povera ricchezza”, a condividere con Lui il suo Spirito filiale e fraterno, a diventare figli nel Figlio, fratelli nel Fratello Primogenito (cfr Rm 8,29).   [segue...]

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    1. La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. In questa Esortazione desidero indirizzarmi ai fedeli cristiani, per invitarli a una nuova tappa evangelizzatrice marcata da questa gioia e indicare vie per il cammino della Chiesa nei prossimi anni.

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    Venerdì, 05 Luglio 2013 00:00

    Enciclica Lumen Fidei

    1. La luce della fede: con quest’espressione, la tradizione della Chiesa ha indicato il grande dono portato da Gesù, il quale, nel Vangelo di Giovanni, così si presenta: « Io sono venuto nel mondo come luce, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre » (Gv 12,46). Anche san Paolo si esprime in questi termini: « E Dio, che disse: "Rifulga la luce dalle tenebre", rifulge nei nostri cuori » (2 Cor 4,6). Nel mondo pagano, affamato di luce, si era sviluppato il culto al dio Sole, Sol invictus, invocato nel suo sorgere. Anche se il sole rinasceva ogni giorno, si capiva bene che era incapace di irradiare la sua luce sull’intera esistenza dell’uomo. Il sole, infatti, non illumina tutto il reale, il suo raggio è incapace di arrivare fino all’ombra della morte, là dove l’occhio umano si chiude alla sua luce. « Per la sua fede nel sole — afferma san Giustino Martire — non si è mai visto nessuno pronto a morire ». Consapevoli dell’orizzonte grande che la fede apriva loro, i cristiani chiamarono Cristo il vero sole, « i cui raggi donano la vita ». A Marta, che piange per la morte del fratello Lazzaro, Gesù dice: « Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio? » (Gv 11,40). Chi crede, vede; vede con una luce che illumina tutto il percorso della strada, perché viene a noi da Cristo risorto, stella mattutina che non tramonta.

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